Cinema

Tommasini credeva alla forza del cinema come mezzo di comunicazione delle problematiche sociali. Non è un caso che nel 1974, nel tentativo di rendere pubblica la vita del manicomio e di uscire dall’idea della follia come isolamento e segregazione, a Colorno fu girato “Nessuno o tutti: matti da slegare”, di Marco Bellocchio, Stefano Agosti, Sandro Rulli e Sandro Petraglia. Un film documentario che, per la prima volta, non evidenziava il lavoro svolto da medici, assistenti sociali, tecnici o politici ma raccontava, attraverso le loro voci, la vita di ragazzi che avevano vissuto in case di cura e manicomi. Nel 1980 Mario promuove la realizzazione del film di Enrico De Vincenzi “Gli orti dell’amore” ispirato all’esperienza degli orti e giardini sociali di Parma. Nel 1984, Agosti gira a Parma anche il  documentario “D’amore si vive”, una riflessione su amore, sesso e tenerezza.

Matti da slegare di Marco Bellocchio

Nel 1974 Mario Tommasini commissionò a Marco Bellocchio un film sull’esperienza del manicomio di Colorno.
Tommasini raccontava così il primo contatto col regista: “incontrai il regista e gli dissi: “Marco, vorrei fare un film coi matti”, e lui mi rispose: “Ma sei tu ad essere matto! Come si fa a fare un film con i malati!” Io insistetti che volevo fare un film coi matti, e senza gli psichiatri. Lui gli psichiatri voleva metterceli. Litigammo una notte intera, poi gli dissi: “Fai tu””.
Qualche tempo dopo però Bellocchio ci ripensò, telefonò a Tommasini e si recò a Parma dove si fermò una settimana. Visitò le fattorie, gli appartamenti, intervistò i malati e decise di girare il film.
Il film fu realizzato con la collaborazione di Silvano Agosti, Sandro Petraglia e Stefano Rulli; la prima versione, intitolata “Tutti o nessuno”, aveva una durata di tre ore e fu girata in 16 millimetri.
In seguito il film fu ridotto a un’edizione in 35 millimetri della durata di 100 minuti, intitolata “Matti da slegare”. Il film propone la testimonianza diretta di alcuni ragazzi passati da un istituto all’altro e considerati irrecuperabili, raccontando la loro infanzia, le misere situazioni familiari, l’arretratezza della società in cui sono inseriti. Nella seconda parte sono invece i malati di mente a parlare delle loro condizioni di vita e delle nuove prospettive dopo l’inserimento sociale e lavorativo. Il film, che ebbe un’enorme diffusione in tutta Europa, può definirsi una testimonianza diretta in cui è la realtà che parla, una realtà fatta di sofferenza, segregazione, paura e povertà. Il critico Tullio Kezich, nel libro “10 anni di cinema: 1967 – 1977” così parla del film nato dalla testardaggine di Tommasini e dalla bravura di Bellocchio: “Matti da slegare sottolinea i modi in cui il patrimonio di combattività della città di Parma è stato investito nella lotta per reinserire i diversi nella società” .

D’amore si vive di Silvano Agosti

Era il 1984 quando il regista Silvano Agosti, realizzò un documentario dal titolo “D’amore si vive”. Oltre nove ore di interviste, inizialmente pensate per la televisione, raccolte nella città di Parma. Il film si articola in varie sezioni dedicate ai vari aspetti e modi di vivere l’amore, la tenerezza e la sensualità. Agosti intervista una mamma con un difficile rapporto col sesso, una tossicodipendente, un transessuale, un’ anziana prostituta, un travestito e anche un bambino che, precocissimo eppure di un candore assoluto, mostra una cosa che solitamente viene censurata o omessa: la coscienza sessuale.

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